Sarvegu: dialetto genovese, agg. selvatico/selvaggio/rustico
per estensione, sost. persona che non dà confidenze /che non gradisce smancerie / non incline alla socialità di facciata / orso.

sabato 29 dicembre 2012

Case di bambino

























Sono nato a Genova il 7 marzo 1958, in una via del quartiere di S. Fruttuoso, era un venerdì.
In quei giorni era caduta anche la neve; mia madre ricorda che mio padre la prese il braccio e dalla finestra del caseggiato in via Bozzano guardarono Genova imbiancata.
Ne sarò sempre orgoglioso e di essere genovese e di essere nato il primo venerdì di marzo; dicono che i nati in quel giorno siano un po’ matti, l’ho sempre pensato come segno di distinzione, almeno quello.
Adesso sono un uomo sopra i cinquanta con tanto di casa, lavoro e famiglia. Luana, mia moglie, Giulia, mia figlia che da un paio di anni comunque corre per conto suo ed infine Eugenio, suo fratello di poco meno di 3 anni più giovane, che smania per rifare il secondo VFP1 e magari poi il VFP4 ed intanto la sua presenza in casa ha l’evanescenza di un fantasma.
Se è di questa mia età il fermarsi più spesso di un tempo a riguardare indietro, è dai figli soprattutto che smuovono le prime riflessioni; una loro frase, un loro atteggiamento di fronte alle sorprese del vivere, e scatta l’immedesimazione ed il ricordo.
- Io alla loro età … - e con stupore mi accorgo che ne è già passato tanto di tempo per me e per loro; sono diventati intanto grandi, già più grandi di quanto io reputo possano essere, se mai i figli agli occhi dei genitori lo diventino davvero completamente.
- Io alla loro età … -. Li guardo e scorgo il ragazzo e prima ancora il bambino che sono stato, rivedo con i loro occhi quelle stesse stranezze della vita che quel ragazzo e quel bambino si sorprese nell’osservare. Il ricordare è allora un rivisitare di luoghi e persone, posti che adesso sono cambiati e volti che non ci sono più. Collego con un filo i piccoli accadimenti quotidiani di allora, le parole che vennero dette, le persone che le dissero, i suoni delle stanze che ho abitato.
Questa è la mia canzone.
M’immagino sarà un domani così anche per loro, questi miei figli che adesso mi prendono in giro nel chiedermi “Ma ai tuoi tempi …”, manco fossi dell’età della pietra, eppure quella stessa domanda con gli stessi sottintesi l’ho posta io ai miei, ed era ieri.
Sorrido dentro di me al ricordo dello stupore di Giulia ed Eugenio, sembrano solo pochi anni fa ma già sono ben una quindicina, nel vedere la loro mamma, proprio la loro mamma, usare con naturalezza la corda per saltare, strumento che loro hanno appena scoperto in palestra …
«Mamma, ma tu sai saltare con la corda!»
«Sì passero, mamma non sa usare il computer, mamma non sa usare il Game Boy però mamma sa saltare benissimo con la corda!».

domenica 2 dicembre 2012

Il signor Giovanni ci ha lasciato (un mio racconto)





C
hissà poi perché Giovanni era andato al mare quel giorno.
La mattina era uscito presto come il solito per andare dalla figlia, nel paese vicino, c'era da prendere i nipoti e portarli a scuola; un impegno quotidiano che s'era preso già da tempo.
Un po' per una sorta di senso del dovere, aiutare finché si può, un po' perché gli dava qualcosa da fare, un motivo in più per alzarsi la mattina che tanto dormiva poco e alle sei era comunque già in pista, un po' perché gli faceva piacere vedere quei figlioli infilarsi nel portone della scuola che quasi gli sembrava doverci andare lui in classe, un po' perché... insomma tanti piccoli perché tant'è che lo faceva, anche se a volte è sacrificio.
Quella mattina mentre li accompagnava, a piedi tanto la scuola distava poco e la giornata era veramente bella, una qualche loro parola gli richiamò nitida la visione del mare.

La montagna di sassi (un mio racconto)

l'ho scaricata da qui: http://lacasasullezampedigallina.blogspot.it/2010_05_01_archive.html


LA MONTAGNA DI SASSI

C’era un giorno un uomo che camminava con i suoi pensieri.
Erano pensieri un po’ tristi ed un po’ scontenti.
Camminava ed intanto pensava, pensava ed intanto camminava.
Era un Uomo Importante che aveva un Lavoro Molto Importante in una Città Grande ed Importante, ma quel Lavoro non gli piaceva più.