Scaricata
oggi da internet. La didascalia spiega: Pulcini maschio, non faranno mai uova.
Da scartare.
Certo, messa
così fa rabbia.
Mi è utile
che sia così per un pensiero che voglio percorrere anche se, per scrupolo,
ipotizzo almeno un'altra ipotesi che comunque sposta di poco i concetti che poi
mi esporrò: mi fa strano che accanto ad una "fabbrica" di uova non
sia stata installata una "fabbrica" di polli. Ma anche in quel caso
ci sono sempre degli "scarti" di lavorazione, "merce" non
adatta alla lavorazione perché "difettosa", metti sia in qualche modo
infetta e quindi non "adatta all'alimentazione umana".
Due o tre cose
che mi colpiscono di questa foto:
Magari è
scattata dietro casa mia, però nel mio immaginario la colloco in una qualche
"fabbrica" slava o russa. Chissà, forse la neve, il fazzoletto in
testa all'operaia che mi fa tanto matrioska (operaia, chi l'ha detto? Magari è
la padrona), i contenitori hi-tec per la raccolta differenziata organica (saranno
classificati come umido?), i muri della fabbrica (sembra più un edificio di contadina
campagna) scantucciati.
Come ripeto,
non so assolutamente niente di questa foto; semplicemente la guardo e penso.
C'è un
fotografo. è incongruo in una fabbrica
o in una fattoria. Magari è lì a realizzare un servizio sulla disgrazia di una
fattoria di semplici contadini colpita da una infezione da aviaria. Arriva
l'analogo della Asl, via, tutto da eliminare. Poveri contadini (ah sì, e poveri
anche i pulcini).
Mettiamo
invece che sia una "normale" e quotidiana procedura di lavoro.
Natascia (quella con il fazzoletto rosa), stamattina si è alzata di buonora ed
è andata in fabbrica. Le hanno detto di buttare via i "pezzi"
difettosi. E lei lo fa, semplicemente. Come le avranno insegnato a fare.
Certo, i
primi giorni sarà stata dura. Non sono "freddi" i "pezzi",
pigolano. Chissà se pregano stupiti il loro Dio antropomorfo affinché all'ultimo
intervenga o per lo meno li accolga nel Suo Celeste Nido. Magari Natascia, se
ha un cuore di mamma, se l'è anche chiesto.
Ma le avranno
detto di sbrigarsi che lavoro ce n'è tanto, si può mica star lì a piangere per
tutti i "pezzi".
Così
Natascia, con la morte nel cuore, i primi giorni ha eseguito e la notte avrà
avuto gli incubi.
Poi ci si
abitua a tutto e bisogna pur campare. A casa c'è da mettere su la cena, ci sono
i bambini con i compiti, c'è una vita normale da mettere su giorno per giorno.
Allora il
passo dopo è immaginare cosa poteva passare in testa ad un uomo
"normale" qualche annetto fa. Ha magari finalmente un lavoro, una bella
divisa aziendale, uno status sociale "approvato".
Gli hanno
detto che il suo compito è eliminare dei "pezzi" difettosi e che il
lavoro rende liberi.
Lo lascio lì
da parte questo pensiero, mi è difficile affrontarlo. Mi ricorda quando mio
nonno, semplice operaio senza lavoro, emigrò proprio in quegli anni in
Germania. Lavorò in più fabbriche, le ultime due fabbricavano munizioni.
-Nonno! –
esclamai, - tu la dovevi distruggere quella fabbrica!
Mi disse
solo, in genovese, - se fa fitu a dilu, si fa presto a dirlo.
Sì, è vero, si fa presto a dirlo.
Sono ricco di
belle citazioni, qui ce ne affianco una che mi sembra perfetta.
"Perché
il male trionfi è sufficiente che gli uomini buoni non facciano nulla".
Beeeeella
sentenza.
Ben detto!
Siamo tutti
più contenti, approviamo energicamente con il capo.
Giù con altri pensieri.
La carne di
mucca. Madonna quanto è buona!
Non è una
mucca, è un pezzo di carne che già intuisci succulente nel suo incarto lì al
banco frigo della Superal o della Coop. Sì, lo so che è di mucca, ma è
completamente "staccata" dal concetto di mucca. è semplicemente della materia, della
sostanza, che se ben cucinata mi soddisfa assai.
Quanta carne
mangerei se dovessi io macellare la mucca?
Ho visto le
mucche macellate. Per lavoro ho visitato una moderna e grandissima macelleria,
non mi ricordo più quanti mila "pezzi" lavorati al giorno. C'è della
scientificità, davvero tanto di cappello.
I pezzi
arrivano e sono alloggiati in un reparto separato a decantare, lo stress del
viaggio lascerebbe troppo acido lattico nei muscoli. Dopo un paio di giorni
(non mi ricordo se a digiuno, la similitudine sarebbe davvero sbalorditiva!) i "pezzi"
vengono incanalati e raggiungono una paratia. Entrano uno alla volta. Vengono
velocemente lavorati da un operaio (ripeto operaio, una persona normale, magari
il marito di Natascia, regolarmente assicurato, retribuito, paga le sue tasse,
ha la sua famiglia, segue i suoi corsi retribuiti di formazione obbligatoria sulla
sicurezza sul posto di lavoro ecc ecc ecc) dopo di che il "pezzo",
liberato da un'inopportuna per lo scopo ma naturale mobilità, è appeso con un
gancio ad una cremagliera che corre sul soffitto e lavorato, dapprima con delle
seghe elettriche (sì, quelle che ci butti giù gli alberi) e poi via via i pezzi
del "pezzo" sono avviati ad altri sottoreparti che recuperano… tutto!
Il sangue caduto
è raccolto dai pozzetti e servirà a fare concime assieme ad altre parti non
commercializzabili. Le ossa, gli zoccoli, le corna si utilizzano non mi ricordo
più a cosa. Mi rimase impressa l'operaia il cui compito era insufflare aria con
un piccolo compressore alle budella del "pezzo", poi provava questo
budello gonfio su una dima forata per determinarne il calibro. Si utilizza per i
vari insaccati.
Il tutto è
supervisionato da una serie di computer che seguono le varie fasi di lavorazione,
dal peso del "pezzo" in partenza fino all'inscatolamento finale. Cito
a memoria, magari sbaglio, ma mi sembra di ricordare la guida ci disse che al
termine di una giornata di lavoro di mila "pezzi", il delta totale (disse
proprio "il delta") di peso sparito dell'intere tonnellate era di 4
chili.
C'è
scientificità o no?
Un'immagine
mia mentale che da quel giorno mi è rimasta impressa è che il "pezzo"
in quella fabbrica ... svaniva, svaporava. Entrava un "pezzo" e se ne perdevano le
tracce. Alla fine c'erano cartoni, scatole di latta, blister. Il "pezzo"
non c'era più.
L'unico
tratto di lavorazione che non ci fecero vedere per ovvi motivi è stato quello
tra l'ingresso del "pezzo" al ciclo di trasformazione e la sua uscita,
immobile tranne trascurabilissimi spasmi "post", appeso alla cremagliera.
Con gli anni poi e grazie ad internet ho colmato anche questa lacuna della mia
cultura.
L'uscita del
nostro gruppo di visitatori coincise con il fischio della sirena per la pausa
di pranzo, la fabbrica si fermava per un'oretta. Ci condussero verso la mensa
per un assaggio dei prodotti dell'azienda. Passammo accanto ai
"pezzi" incanalati prima della paratia.
Stavano lì.
Cazzo se
parlano quegli occhi, cazzo se ti dicono che lo sanno cosa c'è
"oltre" quella paratia.
Accarezzai la
testa del secondo "pezzo" della fila. Chissà che cazzo pensavo di
fare. Mi guardava. Le ho dato una carezza, sarò assolto per questo?
Mangio ancora
adesso la carne lo stesso, sono dei pezzi anonimi, mica sono mucche.
Ora anche i
pulcini.
E che cazzo.
E i cani
randagi a giugno scorso per gli Europei? Che pena vero?
Mi chiedevo
cosa ne pensasse la vedova di quel camionista sbranato giù a Roma o dov'è che
fosse; avrà cliccato anche lei sulle foto di Facebook che denunciavano lo
scempio?
Una gallina è
solo il modo con il quale un uovo fa un altro uovo.
Cazzo se m'è presa
male oggi con sta foto.
to be
continued
Tempo vidi un documentario su cosa, qualcuno fa , ai pulcini che non sono buoni a nulla , il documentario è questo http://www.youtube.com/watch?v=kGBdkeenErA è inguardabile, è vero sono solo pulcini appena nati ma non si può buttarli nel tritacarne VIVI. Non ho la soluzione ma non può essere questa.
RispondiEliminaGrande Antonio! questa te la compro. "Non ho la soluzione ma non può essere questa". Promossa a nuova tag per tutte le situazioni che non mi tornano e sono davvero tante.
EliminaGrande ancora.