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hissà poi perché Giovanni era andato al mare quel giorno.
La mattina era uscito presto come il solito per andare dalla figlia, nel
paese vicino, c'era da prendere i nipoti e portarli a scuola; un impegno
quotidiano che s'era preso già da tempo.
Un po' per una sorta di senso del dovere, aiutare finché si può, un po'
perché gli dava qualcosa da fare, un motivo in più per alzarsi la mattina che
tanto dormiva poco e alle sei era comunque già in pista, un po' perché gli
faceva piacere vedere quei figlioli infilarsi nel portone della scuola che
quasi gli sembrava doverci andare lui in classe, un po' perché... insomma tanti
piccoli perché tant'è che lo faceva, anche se a volte è sacrificio.
Quella mattina mentre li accompagnava, a piedi tanto la scuola distava poco
e la giornata era veramente bella, una qualche loro parola gli richiamò nitida
la visione del mare.
Un'immagine improvvisa, luminosa, calda di un tepore accogliente.
Chissà, forse il ricordo di un mattino chissà quanti anni fa, lui
ragazzino, un'immagine durata l'impressione di un momento ma che lo aveva fatto
decidere: sarebbe andato al mare.
Portati i bimbi, tornato a casa dalla figlia, due parole del più e del
meno, declinato l'invito a pranzo e poi via, aveva preso su con la macchina
verso il mare.
A dire il vero verso metà strada gli era venuto da chiedersi che cosa ci
andasse a fare al mare, aveva anche trovato una bella lista di validi motivi
per rinunciare. Invece, quasi per ripicca, si era detto no, ci vado lo stesso.
Com'è diverso il mare d'inverno.
Era sì una splendida mattinata d'ottobre, tanto che il sole scaldava ben
bene e il giaccone lo portava sottobraccio, anzi, lo stesso maglioncino era
quasi un di più.
Però ti accorgi che è un'altra cosa, è diverso, è una sensazione diversa.
Intanto la passeggiata è vuota, giusto due anziani come lui che portano a
spasso il cane. Al porticciolo poi le barche stanno quiete a crogiolarsi al
sole, in silenzio, sciabordando discrete.
La spiaggia, bé quella è proprio un altro mondo.
Il mare s'è fatto strada, ha spianato ben oltre il confine che ti ricordi e
ha segnato la sua nuova frontiera con una larga striscia d'alghe morte.
Più il là invece ha scavato, eroso, strappato lasciando alte sponde
frastagliate e franose.
Tra la sabbia levigata, bastoni bastoncini e tronchi contorti.
E Bottiglie di plastica, uno zoccolo di sughero, conchiglie, la testa di
una bambola, un copertone d'auto mezzo sepolto.
Appena un po' in qui della battigia le orme dei gabbiani.
Su tutto lo sciacquettio della risacca, una nenia serena.
È tutto uguale e tutto è diverso, come spesso ti accade quando confronti il
ricordo.
Camminare sulla sabbia sembra di fare chissà quanta strada ora che mancano
i punti di riferimento.
Invece lo stabilimento è lì, le porte chiuse delle cabine e la zattera del
bagnino addossata al muro.
C'è un senso di sgombero.
Delle risa.
In un angolo appena più riparato una coppia di ragazzini si sbaciucchia;
ragazzini per modo di dire, avranno ben più di vent'anni... bé appunto,
ragazzini.
Il pensiero è lasciato libero di spaziare dove vuole e con naturalezza
volge al passato.
Ritrovi emozioni, ripassi momenti che non ricordavi di avere vissuto, e
sempre c'è il ricordo di lei.
Se n'è andata, per sempre, è ormai già più di un anno.
C'è quel bar che sta sempre aperto, quello con la terrazza sospesa sui
piloni di legno, come le palafitte.
Il sole entrava sotto il tetto ad illuminare il pavimento di spesse tavole
di legno, le fessure che lasciano vedere strette strisce di spiaggia giù sotto.
Si era seduto al tavolino con soddisfazione, lo sguardo che spaziava su
così tanto mare; il caffè, preso poi tanto per prendere qualcosa, era stato
invece una piacevole e tonica sorpresa.
Stava bene, c'era pace nel suo cuore, era sereno.
In lontananza un puntolino si muoveva sulla spiaggia; pian piano anche con
la vista era riuscito a distinguere la forma di un uomo che camminava; poco
alla volta poi i particolari.
Un uomo distinto, un completo di un bel grigio scuro, si muoveva senza
fretta ma con metodo, un passo dopo l'altro.
Una camicia chiara e una cravatta di un tono di rosso discreto.
Il cappello in testa, un Borsalino.
Pochi portano quel tipo di copricapo, e di questi meno ancora lo sanno
portare.
Un tipo distinto davvero.
Aveva tagliato in diagonale per la spiaggia verso la terrazza senza variare
il suo passo.
Per un attimo aveva alzato lo sguardo come a controllare che ciò che
cercava fosse effettivamente ancora lì, e a Giovanni era sembrato, chissà poi
perché, che quell'uomo cercasse proprio lui.
Per strana che fosse l'idea, gli sarebbe piaciuto fosse vera; uno
sconosciuto veniva da lui a portargli chissà quali nuove notizie.
L'aveva perso di vista quando era arrivato sotto la terrazza ma ne aveva
ascoltato i passi sulla scaletta, dall'altra parte, ed infine l'uomo comparve; era
un giovane.
Ristette un attimo, guardò Giovanni, si diresse verso di lui.
Giunto al tavolo si tolse il cappello con un gesto pulito ed assieme
elegante, tenendolo in mano per il saluto.
- Buongiorno signor Giovanni.
Immersi nel porpora della cravatta tanti piccoli gigli di Firenze di un bel
giallo pastello.
Posò il cappello sul tavolo, un po' di lato che non desse fastidio, si
accomodò sulla sedia di fronte a Giovanni, composto.
- Vengo a dirle che è per oggi.
Giovanni era stupito e felice.
Il volto del giovane era ben formato, i capelli tagliati corti di un biondo
accesissimo, trasparente, profondi occhi chiari.
Un tedesco gli venne da pensare, uno di quelli buoni.
Duro ma giusto.
Solo per un attimo Giovanni ebbe un dubbio.
- Fa male ? chiese allo sconosciuto.
- No, direi proprio di no; è piuttosto come lo si affronta che può fare la
differenza.
Sembrò riflettere un attimo sulla risposta data, poi aggiunse:
- Comunque è da fare.
- Come ... come si chiama lei?
- Gabriele.
Giovanni si alzò poggiando le mani sul tavolo ma non c'era tremore, nemmeno
nel cuore.
Anzi, un piacevole senso di quieta attesa.
- Bene, signor Gabriele - disse, - se vogliamo andare...
questo racconto è molto bello perchè mi ricorda tanto una persona che purtroppo ora non c'è più e che è stata una figura importante nella mia vita.
RispondiEliminaGrazie Sarvegu