L'EMIGRANTE
C
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'è un lungo ed intenso momento
nella sera che spinge l'animo a riconsiderare, a valutare, a ricordare.
Inizia in un imprecisato attimo
mentre il sole completa il ritocco al suo arco nel cielo.
E il vecchio, nella sera della
sua vita, quel momento lo sentiva vibrare forte in sé.
Si sorprese a pensare dov'è che
aveva sentito dire che i vecchi ce l'hanno di professione di ricordare, di
andare con la mente rivolta al passato, alle somme, alle conclusioni.
"Vecchio", pronunciò
scandendolo dentro di sé;
"È vero, sono vecchio, un
vecchio".
Che strano in fondo accorgersi
d'essere a pieno titolo un vecchio.
Il tempo sembra non passare mai,
solo per gli altri.
Oh sì, ti dà dei precisi segnali;
i figli, che solo l'altro ieri li portavi sulle spalle e già uscivano con gli
amici, e poi con le ragazze, la ragazza e un giorno se ne vanno da casa, sposati.
C'è lo specchio che ti rimanda un
volto sempre sorridente ma anche più velato.
Ci sono gli amici e i semplici
conoscenti che partono un giorno, improvvisi o annunciati, e sono subito anni.
Tutti questi volti si confondono
nella memoria; restano sprazzi di momenti vissuti assieme; magari una parola o
un gesto insolito che ricordano e riassumono un'intera esistenza.
È' strano come la memoria
percorra i suoi giri intersecando momenti e fatti tra loro slegati,
incanalandosi in mille corsi sfuggenti per poi soffermandosi su un semplice
particolare.
Magari insignificante, a volte
invece come una riscoperta tanto che pensi "Già, è vero!".
Le farfalle bianche sulle scarpe
blu di tua madre, tu che le tenevi la mano al mercato, lei lassù, rassicurante.
E fai fatica a ricordarne i
tratti del volto.
Un ciondolo, che tuo nonno teneva
attaccato al mazzo delle chiavi di casa; quando rientrava la sera, sentivi
dapprima i passi sulle scale, lo sentivi scalpicciare nel breve corridoio
dell'ultimo pianerottolo, a volte sbuffare cercando le chiavi nella tasca dei
pantaloni, il tintinnio delle chiavi, l'infilarsi nella serratura e lo scatto
dello scrocco, la porta che si apriva.
Il saluto, a volte caldo a volte
accennato, poi si girava, richiudeva la porta, infilava le chiavi e dava la
mandata della buona sera.
Il ciondolo che spuntava giù dal
mazzo, luccicante che per un po' oscillava, oscillava fino a fermarsi con un
ultimo tintinnio.
Poi ti chiedi dove le prendi
certe abitudini, perché anche tu hai un ciondolo appeso al tuo mazzo di chiavi.
Sono cose che t'imbevi da
bambino, senza saperlo.
E tuo figlio, bambino, mica lo
sapeva che la sabbia scottava così forte, per forza, creatura, al mattino lì
giunti era normale, poi sotto l'ombrellone un paio d'ore che sono i primi
giorni e il sole non ci sei abituato.
Quando poi "va bene vai, vai
a prendere un secchiello d'acqua "eccolo lì che non sa più cosa fare, e ti
guarda stupito e saltella piangendo e non avanza e non ritorna finché tu,
ridendo, non lo vai a salvare.
E ci sorridi anche adesso, ed era
ieri, ieri l'altro.
Invece s'infilano i grani nel
rosario della vita, tanti e così indefiniti che nemmeno l'hai scorsi passare
eppure sono lì.
Te lo dicono le tue mani, grosse
vene sporgenti, asciutte, nodose; le guardi, sono le tue.
"Vecchio, sì, sono proprio
vecchio ", e poi non lo dici, non lo pensi, lo senti sottinteso "e
stanco, stanco dentro ancora prima che nel corpo ".
Tutti quegli anni che se ci pensi
ti sembrano vissuti da un altro.
I primi anni di matrimonio,
difficili, c'era poco lavoro e poi sempre meno.
Poi l'imbarco, la speranza.
I primi anni nella nuova terra,
difficili, c'era tanto lavoro e pesante, duro, completamente diverso da quello
a cui eri abituato, preparato; e la gente, diversa, altre idee, altre
abitudini.
Gli anni quelli dopo, una vita,
costruita pezzo a pezzo come per caso e ti trovi ad avere una qualche
sistemazione, una casa, i figli sposati, del terreno.
Poi lei che va via.
Ogni giorno le rivolgi un
pensiero, gettando anche uno sguardo al camposanto, più in su del paese a mezzo
colle, che d'inverno tra i rami spogli si riesce ad intravedere un angolo del
muro di cinta.
Ci pensi ogni giorno, ti comporti
come se tornasse da un momento all'altro, dalla spesa, dalla messa.
E i giorni invece che sai che non
torna.
Emigrante.
Vecchio.
Quand'era giovane gli sembrava
che fosse una cosa provvisoria, un po' di anni, poi un giorno appena sistemate
due cose, sarebbe tornato al paese, alle origini, alle radici.
Riavrebbe visto le sue cose, i
suoi angoli, i suoi muri.
Tra un paio d'anni forse, vedremo
come mette, e i paio d'anni s'erano sommati.
Adesso, con tanto tempo per
pensare, il ricordo tornava più frequente, più crudo, lo struggimento gli
mordeva dentro.
Era anche come cancellare una
condanna, "MAI PIÙ".
Eh no! No perdio, voleva tornare.
Non per starci, solo per rivedere, rivivere, poi sarebbe tornato qui, in queste
terre straniere dove aveva costruito la sua vita e dove i figli avevano solide
profonde radici, non come le sue, stentate.
Ne parlava al più grande dei figli,
quello nei trasporti, più volte; andare da solo non se la sentiva più tanto,
gli sarebbe piaciuto che lo accompagnasse anche per fargli vedere, per
raccontare.
Ma capiva, capiva bene, i
problemi, la famiglia, sono impegni, capiva oltre quel volto che non capiva il
perché, la perplessità; sì, il viaggio era lungo, così lungo, ma lui voleva
tornarci, voleva proprio tornarci a casa, un giorno.
Il cargo entrò nell'atmosfera con
un angolo così tenue che sarebbero state necessarie quattro circumnavigazioni complete
prima che le ali potessero prendere appieno la loro funzione.
All'interno il computer di bordo,
unica cosa in qualche modo senziente, elaborava i dati che riceveva dai sensori
restando incollato al segnale del radio faro laggiù, a terra.
Quando le coordinate collimarono,
il computer lasciò trascorrere preciso anche l'ultimo microsecondo del
count-down prima di sganciare, da uno sportello secondario del suo ventre
enorme, un piccolo cilindro a forma di siluro.
Ciò fatto continuò imperturbabile
a guidare il suo corpo nella discesa.
Il vento fischiava e null'altro
nel silenzio attorno al siluro.
Brevi istanti e le alette sulla
coda lo misero in picchiata con un angolo quasi perpendicolare a quell'immenso
azzurro che gli stava venendo incontro.
Passarono minuti poi il siluro
s'infilò tra le onde alte dell'Oceano Atlantico, e le onde subito riassorbirono
nel loro divenire continuo la colonna di spuma che improvvisa si era levata.
S'immerse profondo il siluro
prima che la spinta ascensionale lo potesse rallentare, fermare, infine
invertire verso l'alto il suo cammino.
Ma già i componenti del siluro
reagivano come previsto con l'acqua del mare, liberando migliaia e migliaia di
minutissime bollicine d'aria; sembrava rifriggere tutto, il siluro, e già l'acqua
lo aggrediva da dentro, raggiungendo il contenuto interno.
Il tessuto s'impregnò, si lacerò,
si dissolse lasciando che il mare prendesse e disperdesse le ceneri mortali di
un vecchio emigrante.
" A quest'ora sarai già a
casa " stava pensando il figlio e mentalmente recitò una preghiera.
Non era stato difficile nella sua
posizione avere un piccolo favore dai colleghi; anche se tutto lo spazio del
cargo era destinato al trasporto di materiale dalla colonia alla Terra, un'urna
un po' modificata aveva lasciato quel posto per portare suo padre a casa, per
sempre, in un qualche modo.
Anche se, a ben vedere, da quel
punto del mare dove ora riposava c'erano più di 5000 miglia dalla vera casa,
dal paese.
Ma più di così proprio non si
poteva fare.
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