Sarvegu: dialetto genovese, agg. selvatico/selvaggio/rustico
per estensione, sost. persona che non dà confidenze /che non gradisce smancerie / non incline alla socialità di facciata / orso.

mercoledì 22 agosto 2012

I pennini del Filippi

 
Il Filippi per molti anni è stato uno dei miei vicini di casa, i nostri portoni adiacenti sul pianerottolo.
Pensionato, si era trasferito da Torino qui in Toscana per godere con la moglie di un clima migliore.
"Buongiorno", "Buonasera", qualche altra chiacchiera sul tempo o le cose da fare nel condominio, qualche piccolo "amarcord" giù in garage; non molto altro, troppa la differenza di età per andare oltre buoni rapporti di vicinato. Oltretutto a me non piace il vino (10% degli argomenti), non sono né per il Toro né per la Juve (15% degli argomenti) ma soprattutto a me non interessa pescare (73,5% degli argomenti); in breve solo buoni vicini di casa.

Morì.
Anni dopo, molto anziano ma non vecchio, di un qualche tumore.
A me e ad un altro vicino la moglie, malata ed impossibilitata a muoversi, chiese di liberare il più possibile il garage tenendo per noi tutte le cose che ritenessimo utili; in effetti un po' di cose le ho tenute, alcuni attrezzi, degli utensili. In decine e decine di contenitori di plastica con il tappo, tutti della stessa identica medicina, il Filippi conservava per tipo viti, dadi, bulloni, punte da trapano, piccole mole, molle a chiudere  e mole ad aprire, misteriose altre piccole parti di ricambio.
Non rompete, è in ordine!
Qualche giorno dopo la moglie mi regalò la scrivania del Filippi. Era una di quelle da ufficio di tanti anni fa, con la plastica verde al centro del ripiano, due file da 4 cassetti ciascuno ai lati più uno centrale.
I cassetti superiori con la serratura, ma non le chiavi (almeno, io non l'ho trovate).
Mi piaceva, su di una simile lavoravo durante la leva militare, all'Ufficio Leva qui a Pisa. (sì, un fagiano!)
Anni dopo questa scrivania, la mia scrivania, l'ho fatta completamente restaurare dal falegname e ho fatto mettere il marmo sopra, la plastica si era definitivamente deteriorata.
Passammo con la moglie l'ispezione nei cassetti.
C'erano le ricevute delle bollette da anni e anni, per tipo. Tenute gli ultimi dieci anni.
Cartoline, buttate.
Una raccolta di foto, lasciate.
Documenti vari. Cernita ed i più al macero.
Penne pubblicitarie; le più non scrivevano nemmeno, ma le ho prese e poi buttate via io.
Tutti, tutti, tutti gli scontrini della spesa alla Coop del paese da quando la frequentava. Gettati.
Un set di matite delle Ferrovie dello Stato. Ereditate.
In una scatolina di latta per caramelle ho trovato dei pennini vecchio tipo, quelli che si usavano intingendo la penna nel calamaio. Tutti nuovi, ad occhio sul centinaio così quasi per gioco mi sono messo a contarli, 79 in tutto ma è un numero fluttuante, ogni volta alcuni si "coprono" l'un l'altro e passano la conta doppi.
Chissà, forse una scorta, tutti nuovi di tre o quattro tipi diversi, tutti ormai inutili.
Ho una penna di quelle dove ci si innestano quei pennini lì; l'ho usata una volta così, tanto per provare.
Ogni tanto cercando qualcos'altro nel cassetto di questa mia scrivania, mi ricapita in mano quella scatolina di latta e la riapro.
Un operaio, anni fa, avrà lavorato una lamina di metallo, l'avrà messa dentro una macchina che qualche ingegnare avrà predisposto e costruito allo scopo, ed ecco che uscirono questi pennini. Qualcuno avrà preso la scatola, l'avrà inviata al magazzino, sarà poi arrivata tramite un ordine a qualche cartoleria e qualcun altro ancora, magari lo stesso Filippi, l'avrà comprata per averli a disposizione. Dico così tanto per dire, non penso che qualcuno abbia mai avuto bisogno in casa di così tanti pennini di scorta, fosse stato anche uno scrittore professionista. Tant'è comunque adesso quei pennini sono assieme stipati in una scatolina di latta per caramelle. Non credo li butterò mai via, stanno lì in un angolo di un cassetto della mia scrivania. Altri, a suo tempo, dopo aver esaminato il contenuto ed essersi chiesto il come ed il perché, il decidere se tenere il tutto ancora e inutilmente e senza un motivo oppure buttare via pennini e scatolina di latta. Ci andranno comunque prima o poi in una discarica; forse finiranno tali e quali al riciclo dei metalli, forse rimaranno lì per sempre ad arrugginire e ricircolare una molecola alla volta i propri elementi alla terra come un corpo in decomposizione.
Ecco forse anche perché li tengo i pennini del Filippi. Mi sono uno splendido esempio di un'inutile creazione.


3 commenti:

  1. fammi capire .... hai scritto su nastro adesivo PENNINI DI UNA VOLTA perchè? Ne hai altri dei nostri tempi? Lo fai per non confonderli ?

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. ;)
    Siccome sono tanti, il coperchio chiude un po' "forzando". Lo tengo fermo con del nastro da carrozziere, trovo sia comodo anche perché ci scrivi bene sopra. Evidentemente quando l'ho scritto ne ho arricchito inconsciamente il "significato" trasformandolo in "significanza". Per fare la foto ho rotto il nastro. In quello nuovo in effetti ho scritto solo "pennini". Secondo me, ed ora che me lo fai notare, è più "freddo", non rende più come prima.

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